Il disastro del Challenger ora, allora.

Trent'anni.
Trent'anni oggi, trent'anni che il mio "io" bambino, che voleva fare l'astronauta e ascoltava Jean-Michel Jarre, guardava il telegiornale in lacrime e non capiva. O meglio, capiva cosa succedeva, ma non si spiegava perché.
"Ma allora anche gli astronauti muoiono?" chiesi. Beata ingenuità dei 7 anni. Quelle tute non ti danno mica l'immortalità, ma questo lo impari dopo, quando non c'è tuta che tenga lontano il lento incedere della lancetta dei minuti.

Potrei ricordare il disastro del Challenger in cento modi. Come cambiò la mia percezione dello Spazio, come in realtà mi spinse comunque a tenere gli occhi al cielo, la notte, come radicò in me per la prima volta il concetto di "eroismo" e di "morire per il progresso" o per l'uomo, o chissà che.
In realtà ricorderò un uomo dell'equipaggio, Ronald McNair, con l'intento di ricordarli tutti, ma per un motivo ben preciso.

Jean-Michel Jarre, un compositore di musica elettronica ultrafamoso a cavallo tra i '70 e gli '80, nel 1986 stava lavorando al suo nuovo album, la cui release era prevista per Aprile, in concomitanza ad un super concerto a Houston, che celebrava i 150 anni del Texas, di Houston, e i 25 anni della fondazione del Lindon Johnson Space Center, il famoso centro controllo di Houston, quello di "Houston... abbiamo un problema".
Jarre fu avvicinato dalla NASA per organizzare il concerto, e grazie al coinvolgimento dell'agenzia entrò in contatto con l'amico Bruce McCandless, astronauta. Bruce gli presentò Ronald che, oltre che essere un laureato in fisica alla AT&T, con un master al MIT e tre dottorati onorari era un astronauta e un jazzista.

Così venne l'idea. Jarre terrà il concerto a Houston il 5 aprile, e Ronald suonerà il lungo assolo del pezzo "Rendez-Vous VI". Dallo spazio. In diretta. Una cosa epica.
"E' tutto ok allora! Ci sentiamo da lassù... mi raccomando, guarda il decollo!" gli dice nell'ultima telefonata Ron.

78 secondi dopo il decollo un maledetto o-ring cede, il razzo che ha sollevato lo Space Shuttle Challenger fino a nove miglia sopra l'Oceano Atlantico esplode. L'equipaggio, tra i quali Ron, muore in pochi secondi.

Jarre vuole cancellare il concerto, ma su insistenza della Nasa, per commemorare le vittime, si farà. E il 5 aprile 1986, Jean-Michel Jarre raduna un milione e mezzo di persone, e trasforma la Skyline di Houston in un enorme spettacolo di luci e colori.
Quasi alla fine, suona Rendez-Vous VI, ribattezzato "Ron's Piece", con un sassofonista locale a prendere il posto dello sfortunato astronauta.

Trent'anni.
Trent'anni oggi, trent'anni che il mio "io" bambino, che voleva fare l'astronauta e ascoltava Jean-Michel Jarre, guardava il telegiornale in lacrime e non capiva.
E per certi versi, niente è cambiato di una virgola da allora.


Commenti