Riders on the storm

Riders on the storm 
Riders on the storm 
Into this house we're born 
Into this world we're thrown 
Like a dog without a bone 
An actor out alone 
Riders on the storm
Siamo cavalieri nella tempesta.
Senza macchia, pochissimi. Senza paura, ancor meno plausibile.
Chi siamo, cosa siamo.
In fondo sono tante le domande che ci accompagnano da quando abbiamo le facoltà intellettive e la voglia, o il bisogno, di farcele.

Vedo attorno a me poca gente che si pone questi problemi, e molte più persone che, al contrario, lasciano che queste cose non li sfiorino neppure.
Vivono la propria vita tra uno stress e l'altro, tra incazzature, sbronze, sesso, selfies e badilate di qualunquismo. Superficialità è il loro motto, ipocrisia il loro mantello. I loro ronzini arrancano nella pioggia, stanchi ed anelanti ad un po' di biada, ma a loro pare non interessare. Ognuno diretto verso una propria presunta direzione, ognuno mero scudiero di chi ha al suo fianco, ma nessuno veramente cavaliere fino in fondo.

Il cavaliere ha sempre una missione, il cavaliere deve salvare la sua dama, il suo ideale, il suo popolo, la sua terra. Non basta mettersi in sella al primo cavallo da tiro dal mantello baio per stare in prima linea a Roncisvalle, no. Ci vuole un motivo.

Poi c'è chi il motivo lo cerca. E magari trova una risposta, o per lo meno ci prova. C'è chi su quel cavallo c'è nato, e affronta la tempesta chiedendosi perché la pioggia, fredda e pungente, si infili nell'elmo recando disagio.

Li puoi riconoscere. Li riconosci perché stanno in cima alla collina, sprezzanti della tempesta, con lo sguardo spaventato di chi si sta facendo delle domande. Li riconosci perché nessuno è al loro fianco, perché la direzione che prendono è soltanto la loro. Non di rado contraria a quella specie di transumanza che è il movimento sincronico del resto del mondo.
Il caldo conforto di un letto, una pagnotta ed un boccale di birra non fa per il cavaliere.

E' meglio non farsi domande e seguire la massa? E' più facile. Ma è meglio? Se non ci fossero più cavalieri, cosa resterebbe di noi?
Un gruppo di nomadi avvinazzati e mai abbastanza pieni di sé, intenti soltanto a soddisfare il proprio ego?

Meno gente a cavallo, più cavalieri.
Perché loro è la paura, loro è il dubbio, loro è il disagio della pioggia nell'elmo.
Nobilitiamo la paura. Rendiamo il mettersi alla prova, il mettersi in discussione una virtù. Perché dalla stasi non può emergere niente che non sia ciò che era già prima.

Io?
Non lo so cosa sono. Ma questa sera sento pungere la pioggia.

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