Il mare era agitato stasera. Ma come sempre, ha trovato quel poco di pazienza per ascoltarmi.
È straordinario come una sconfinata distesa di pece nera, unita al silenzio, interrotto soltanto dal rumore della risacca, alle volte possa confortare come una mano amica sulla spalla.
In realtà non gli ho fatto domande. Gli ho parlato come parleresti ad uno sconosciuto che non sa nulla di te, ma condivide con te il tuo stesso tasso alcolico, al quale butti in faccia tutta la tua vita, e lui alza la birra e brinda con te. Senza parlare.
Gli ho parlato dei miei amici. Gli ho raccontato i loro problemi, le loro ansie, le loro paure, i loro sogni.
Gli ho parlato di quella volta che da ragazzotto mi voleva così tanto con lui, da spaventarmi un po'.
Gli ho parlato dell'amore. Gli ho chiesto se ne vale la pena. Se è giusto dannarsi l'anima per qualcosa di così effimero eppure così potente.
"Tu stai lì e ascolti, da migliaia di anni. Devi averla la risposta".
Ma lui se ne sta lì, cupo, e muggisce un canto desolato.
È proprio mentre me ne sto andando, riflettendo sul fatto che me ne sto a parlare a 2 gradi con una distesa d'acqua e a tutti gli effetti non sembro sano di mente, che mi risponde.
È un'unica parola.
"Ama".
Forse è qualcuno in lontananza, penso, forse è una voce portata dal vento.
Ma mi giro, ed il molo è vuoto. Non c'è anima viva in vista.
Sorrido. Ma sì. Diamo retta a questo vecchio pazzo. Perché in fondo, forse, il mare sono io.
Commenti