La volta che Villeneuve rischio' di lasciare Ferrari

Il mondiale 2010 di Formula Uno è alle porte.
Il "caso Schumacher" terrà banco ancora molto, soprattutto se il tedesco siglerà poles o vittorie. Si griderà al tradimento ancor più di quanto - sommessamente - non si stia dicendo ora.
Perché non ricordarsi di questo fatto che forse in pochi sanno, e che rivela - ancora una volta - come i veri campioni non tradiscano mai?
Parliamo del mitico Gil. Uno che ha dato la vita, e non in senso metaforico, al volante della rossa...

La stagione 1981 di Gilles Villenueve sara' ricordata come una delle piu' intense della sua carriera. E’ vero che poi non ebbe la possibilita' di disputarne molte altre, ma quell’anno Gilles era al suo top. Non era più il pivellino a scuola del maestro Reutemann come nel 1978; e nemmeno il fido compagno di squadra disposto ad aiutare l’amicone campione del mondo 1979 Jody Scheckter; non si trovava più fra le mani una macchina, la 312 T5 del 1980, disastrosa, lenta e che torceva a ogni curva come un tubetto di dentrificio.
Per la nuova stagione il nuovo modello sembrava promettere bene: motore turbo, e, tra abolizione delle minigonne e telaio rinnovato, anche una parvenza di tenuta di strada. Perlomeno qualcosa che potesse permettere di rivaleggiare con il resto del plotone.
Qualche soddisfazione infatti arrivò: la Ferrari, e in particolare Villeneuve se la giocava con le altre squadre; anche se le due gemme di quella stagione, in Spagna e a Montecarlo, non poterono comunque fruttargli che un misero settimo posto nella classifica finale del campionato del mondo, e la spiacevole sensazione di aver sprecato un’altra stagione.
In particolare la situazione da quelle due vittorie – la prima ottenuta sorpassando Jones a Montecarlo in un filo di luce che solo lui riuscì a rilevare tra la fiancata della Williams e il guardrail, e l’altra sfruttando l’unica caratteristica positiva della sua Ferrari 126Ck: la potenza pura, quel calcio nella schiena che gli permise di tenersi dietro nel toboga del Jarama una muta di cinque mastini per venti giri e anche più – sembra involversi di gara in gara. Per tutta l’estate solo una serie di ritiri avvilenti quasi tutti dovuti alla rottura del motore.
Gilles dopo Monza – ennesima fumata blu davanti ai suoi tifosi – non ce la fa più. Per la prima volta dacché è iniziata la sua carriera in Formula 1 rilascia tutta una serie di dichiarazioni che non lasciano trasparire nulla di buono per il proseguimento del suo rapporto con la Ferrari.
Il tono è uno solo – comprensibile comunque: non è possibile aver buttato via un’altra stagione con questa macchina piena zeppa di problemi, non ho sposato la Ferrari, se qualcuno mi offrisse tanti soldi e una macchina vincente potrei anche andarmene.
Logico che – Gilles è considerato uno dei migliori anche fra colleghi e addetti ai lavori – qualche team manager faccia un pensierino sull’ipotesi di portarsi in squadra il fenomeno Villeneuve sottraendolo alla “casa madre” Ferrari. Logico che questo pensiero venga alle squadre con maggiori disponibilità economiche e nessuna paura di scontrarsi con il vecchio. E chi allora se non la Mclaren di Teddy Mayer – ancora per poco- e il novello Team Manager Ron Dennis?
La Mclaren non ha ancora concluso per il ritorno di Lauda in Formula 1, non tutti in squadra sono convinti di quel ritorno, e un pilota di grido come Villeneuve sarebbe una degna alternativa.
Gilles riceve l’abbocco tramite un amico comune qualche giorno prima del Gp di casa sua, Montreal; lui spara alto, qualcosa come 5 milioni di dollari. Viene fissato una specie di incontro nei box durante la pausa delle prove del venerdì. Anche il caso vuole che i due team siano l’uno di fianco all’altro nella dislocazione nei box.
L’imperativo comunque per tutti è quello di non farsi capire da nessuno.
Inizia Ron Dennis: scrive un 2,5 su una lavagna interna ai box Mclaren, Gilles si sposta un attimo dal suo posto, finge di dare un’occhiata alla macchina bianca e rossa mezza smontata, legge la cifra. Rientra nel suo box, prende un tre dal tabellone di segnalazione dei meccanici, e lo appoggia al muretto che separa i due box. Poi prende anche un 5, e lo affianca.
3,5 milioni di dollari.
Si aspetta la contro proposta di quelli della Mclaren. Marco Piccinini, onnipresente DS Ferrari dai modi ecclesiastici nonché gran consigliere del vecchio, nota lo strano comportamento di Gilles. Si avvicina, chiede cosa sta succendendo, Villeneuve risponde che è uno scherzo, Marco ci crede, del resto Gilles ha dei trascorsi con il team Mclaren.
Ron Dennis ci pensa un po’ su, dice all’amico comune che può andare bene, riferisce anche che Gilles dovrà trovarsi a Losanna il lunedì successivo nel quartier generale del munifico sponsor tabaccaio per la firma del contratto. Tutto sembra definito.
Fosse stato un altro a quest’ora la storia parlerebbe di Gilles Villeneuve magari campione del mondo con quella Mclaren in ascesa, ma Gilles già qualche ora dopo si pentì di star tradendo in quel modo Enzo Ferrari. Lui era fatto così, valeva più un sorriso e uno sguardo negli occhi che cento contratti, e con Ferrari ce n’erano stati tanti di sguardi e sorrisi.
- Non mi sembra di comportarmi nel modo giusto.
Così gioca al rialzo, ma solo per rendere la cosa più complicata del dovuto; la trattativa si ingarbuglia durante il week end, alla fine, con suo grosso sollievo, non se ne fa nulla. Villeneuve rimarrà in Ferrari anche per la stagione 1982. La stagione che, alla fine, gli costa la vita e lo consegna alla leggenda.
Per tutta risposta la domenica farà una gara stratosferica sotto la pioggia e nella nebbia di Montreal, finendo terzo con una macchina che nessun altro pilota di nessun’altra epoca avrebbe saputo portare al traguardo in quel modo, con il muso penzolante, e uno stile che ancora adesso a rivederlo fa venire le lacrime agli occhi.

Commenti

fiege ha detto…
grande gilles,uno degli ultimi che correva con il cuore e...qualcos'altro.
Gabriele ha detto…
paradossale il fatto che sia stato tanto amato avendo vinto poco o niente... al contrario di SOCCmacher che ha vinto tutto, ma non è entrato così tanto nel cuore dei tifosi...
Anonimo ha detto…
è anche il modo in cui è scomparso e il periodo in cui ha corso ad averne aumentato il mito.
tito ha detto…
beh la morte "in servizio" tende a far diventare "mito" un seppur grande campione.
gilles resta comunque gilles, indiscusso.
e le emozioni di quella formula uno ce le sognamo alla grande...